“In ordine alla procedura di mobilità, la specificità dell’indicazione delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato, così come richiesta dall’art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, è funzionale a garantire al lavoratore destinatario del provvedimento espulsivo la piena consapevolezza delle ragioni per cui la scelta è caduta su di lui, sì da consentirgli una puntuale contestazione della misura espulsiva. Ne deriva che anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che la stessa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire il perché lui, e non altri dipendenti, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo. Ciò detto, il parametro per valutare la conformità della comunicazione de qua al dettato di cui all’art. 4, comma 9, della citata legge, deve essere individuato nell’idoneità della comunicazione, con riferimento al caso concreto, di garantire al lavoratore la suddetta consapevolezza”. Nel caso in esame, la Corte d’Appello confermava la sentenza del Giudice del lavoro che aveva dichiarato l’inefficacia del licenziamento intimato da Poste Italiane s.p.a. ed aveva condannato la suddetta società a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18. In particolare, i giudici di merito avevano ritenuto che la comunicazione prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, concernente le modalità di applicazione dei criteri di scelta e contenente unicamente l’elenco dei lavoratori prescelti, fosse priva di indicazioni relative alle modalità di comparazione tra le posizioni soggettive dei diversi lavoratori al fine di individuare i destinatari del provvedimento espulsivo; ciò impediva la verifica in concreto della coerenza della scelta effettuata dalla società rispetto ai criteri stabiliti negli accordi sindacali. A giudizio della Corte di Cassazione la sentenza impugnata va cassata in quanto ha basato la propria decisione esclusivamente sul rilievo formale che, poiché la comunicazione conteneva l’elenco dei soli lavoratori destinatari del provvedimento espulsivo e non di tutti i dipendenti fra i quali era stata operata la scelta, essa non era idonea a consentire una verifica in concreto della reale aderenza della scelta operata dal datore di lavoro ai criteri fissati in sede di accordo sindacale. Secondo la Cassazione, la Corte territoriale non aveva compiuto alcuna valutazione sul contenuto complessivo della comunicazione, con la quale si dava puntuale indicazione dell’unico criterio di scelta adottato. Da tale comunicazione si evince che la scelta dei lavoratori oggetto del provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro è stata operata, in esecuzione degli accordi sindacali stipulati con le OO.SS., sulla base di un unico criterio, che individuava i destinatari del provvedimento espulsivo in tutti i lavoratori che entro il 31 dicembre 2001 sarebbero stati in possesso dei requisiti previsti dalla legge per avere diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia. Pertanto, per la verifica della corretta applicazione del suddetto criterio era sufficiente il riscontro della sussistenza, in capo al lavoratore interessato, del requisito del diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia, requisito desumibile dall’elenco inviato come allegato alla comunicazione de qua. La Cassazione, riprendendo un suo costante insegnamento (cfr. Cass. 9 agosto 2004 n. 15377), ribadisce il principio per il quale, in tema di procedura di mobilità, la previsione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, secondo cui il datore di lavoro, nella comunicazione ivi prevista deve dare una “puntuale indicazione” dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, egli deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che la stessa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui – e non altri dipendenti – sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della misura espulsiva. Ne deriva che, poiché la specificità dell’indicazione delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato è funzionale a garantire al lavoratore destinatario del provvedimento espulsivo la piena consapevolezza delle ragioni per cui la scelta è caduta su di lui, il parametro per valutare la conformità della comunicazione al dettato di cui all’art. 4, comma 9, deve essere individuato nell’idoneità della comunicazione, con riferimento al caso concreto, di garantire al lavoratore la suddetta consapevolezza. Nota dell’avv. Alfredo Sagliocco.
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